Anche per la solennità del Corpus Domini (celebrata giovedì u.s.) occorre recuperare almeno una riflessione… che parta dalla Parola, offerta dalla liturgia della festa. La prima lettura (Gen 14,18-20) ci ha raccontato di un misterioso personaggio, tale Melchisedec, che compie un rito: offre pane e vino, e in questo contesto esprime una benedizione su Abramo: «Sia benedetto Abram dal Dio altissimo, / creatore del cielo e della terra». Siamo ai primordi del cammino di fede; la fede nel Dio della rivelazione biblica, che inizia proprio con Abramo. E quella benedizione si estende fino a noi, che siamo figli di Abramo nella fede e dunque ultimi destinatari di quella benedizione. Dovremmo sempre farne memoria quando celebriamo l’Eucaristia -e anche quando non la celebriamo (per motivi, non sempre veri)-, perché in ogni celebrazione eucaristica noi veniamo raggiunti dall’effetto di quella benedizione. E per benedizione non dobbiamo intendere chissà quale gesto un po’ magico, ma, rifacendoci a quegli inizi, possiamo intendere per benedizione il rendersi disponibili ad accogliere da Dio le sue parole più belle, più buone, quelle che gli scaturiscono dal suo cuore di creatore e quindi ci orientano verso il compimento del suo progetto di verità e di amore, riempiendo la nostra vita. E poi c’è la seconda lettura (1Cor 11,23-26), che ci ha portato invece al momento culminante e decisivo del cammino della fede, il momento della Pasqua di Gesù, dove Gesù riprende e ripropone il rito del pane e del vino. Questa volta però il senso di quel che viene celebrato è di gran lunga più forte. Gesù infatti nel suo rito del pane e del vino non solo riprende il rito di Melchisedec, ma lo porta a pieno compimento.

P.P. Rubens “Incontro di Abramo e Melchisedec” (part.), 1616, Caen Nel segno del pane benedetto e spezzato, Gesù mette a nostra disposizione quel suo corpo, in cui Dio si è reso presente, si è incarnato: certamente questa è la benedizione massima, che Dio può offrirci. Nel segno del calice, Gesù mette a nostra disposizione il suo sangue, il sangue del suo sacrificio per legarci a Dio in Alleanza. Dobbiamo così riconoscere che il rito del pane e del vino, istituito da Gesù, porta a una ricchezza assolutamente impensabile la benedizione invocata da Melchisedec su Abramo. Ma nel testo di Genesi c’è una seconda benedizione, che Melchisedec esprime con il rito del pane e del vino: «Benedetto sia il Dio altissimo, / che ti ha messo in mano i tuoi nemici”. E questa volta destinatario è Dio stesso, che aveva sostenuto Abramo nello scontro con i re che avevano catturato suo nipote Lot. Le ragioni che noi abbiamo per benedire Dio sono ragioni assai più grandi: con la Pasqua di Gesù Dio ha portato alla nostra umanità il trionfo massimo: trionfo della vita sulla morte, trionfo del perdono sul peccato, trionfo della misericordia sull’odio e sulla ingiustizia…. Francamente queste ragioni, che abbiamo per benedire Dio, sono troppo grandi: sono così grandi che non ci riesce di comprenderle adeguatamente; sono così grandi che noi non possiamo riuscire ad esprimere una benedizione adeguata. Perciò Gesù con il rito del pane e del vino si mette Lui stesso nelle nostre mani, perché noi abbiamo a offrire Lui con la sua obbedienza totale al Padre, in benedizione a Dio: e così Dio è davvero benedetto come merita! dgc

